Questa volta sento la voglia di scrivere apparentemente d’altro dalla musica.
Il tema: la globalizzazione.
Come acquisito, la lunga prima fase della globalizzazione ha maturato la sua prima crisi. Prevista dagli analisti più avveduti si stima che possa durare un po’, forse tutto il decennio.
Questo perché la globalizzazione pur avendo prodotto molti vantaggi, come il miglioramento delle condizioni di vita di una parte significativa di quello che una volta si definiva il terzo mondo, ha prodotto anche ampie contraddizioni, prima fra tutte il peggioramento delle condizioni socio-economiche delle classi medie in occidente.
A questo c’è d’aggiungere che la più agevole circolazione delle persone ha generato una co-presenza di culture, civiltà, abitudini diverse fra loro e in alcuni casi contrapposte.
In questo quadro, il pensiero che era predisposto alle novità generate da tale commistione ha mutato orientamento, la difficoltà di definire un futuro più chiaro e stabile e la precarietà che sta caratterizzando il presente spingono ad assumere atteggiamenti più guardinghi, consigliano di esporsi meno e affidarsi a riferimenti conosciuti, attingendo al passato e alle tradizioni che da esso si può trarre.
Il mondo si è spaccato, sia all’interno delle singole realtà macro-economiche, che al di fuori di esse.
In occidente si acutizza il timore di una presenza estranea alla propria cultura e alla propria storia. Il resto del mondo spera che il predominio occidentale entri in crisi definitivamente.
I conflitti economici e finanziari aggravati dai conflitti bellici spingono ad una forte cesura internazionale.
Eppure, potremmo essere ottimisti.
Il rapido processo con il quale la globalizzazione si è impossessato dei quasi otto miliardi di popolazione oggi presente su un pianeta che è diventato sempre più piccolo, ha prodotto un processo che mi auguro inciderà sempre più positivamente per il futuro: la consapevolezza dei diritti, del valore del rispetto delle diversità, dell’idea che la pace è un target raggiungibile solo attraverso strutture statali democratiche e libere.
Un esempio significativo è il movimento in Iran ‘Donne, vita in libertà’, con il Premio Sacharov a Mahsa Jina Amini e il Nobel per la Pace a Narges Mohammad.
Sono esponenzialmente sempre più i casi di lotte per i diritti presenti nel mondo. Basta leggere le notizie di ogni giorno per accorgersi di come sia sempre più forte questo processo, che ha, certo, da combattere ancora dure battaglie per potersi affermare.
Oltre alla spaccatura geo-politica fra occidente e anti-occidente, c’è una spaccatura che potremmo immaginare essere orizzontale fra chi governa o detiene il potere e le generazioni che si affacciano al processo politico-sociale e alla elevatissima commistione socio-economica ancora viva della realtà quotidiana.
E’ una spaccatura che diventa tangibile quando compari la profusione offerta dai media sui fatti della cronaca e lo svolgersi, al di fuori di essa, sempre più avviata verso orizzonti diversi e rinnovatori.
Sarà forse per questo che, ad esempio in Italia, ormai, va a votare poco più della metà degli aventi diritto?
Questa ampia realtà presente in ogni angolo del mondo prevarrà, prima o poi, e dove, nel caso, porterà il mondo?
Ovvio, spero che ci porterà al concretizzarsi di quegli ideali che da tanto tempo si perseguono e che ho accennato prima.
E l’arte? Dove è finita nel frattempo?
Sarà possibile in un futuro niente affatto lontano, che alla ripresa attiva di una nuova fase di globalizzazione, nell’ambito di una rinnovata predisposizione all’incontro, possa diventare il mantra, il collante di un processo spontaneo e rivoluzionario, con un nuovo linguaggio oltre che artistico, musicale anche politico?
Giovanni Claudio Traversi