Eccomi qui. Vorrei dire alcune cose, quasi un poco improvvisando, ma calando in mezzo a queste improvvisazioni delle considerazioni storiche che possono servire per capire sia la mia musica sia la musica di molti altri compositori della mia generazione.
Intorno alla metà del secolo scorso, Karlheinz Stockhausen si presentò sostenendo la necessità di una sorta di anno zero: tutto quello che c’era prima veniva cancellato, la storia della musica non contava più, anzi era da respingere e bisognava ricominciare tutto secondo dei nuovi metodi, appunto, un anno zero, della musica da cui cominciare e proseguire.
Era una posizione assolutamente totalitaria e presuntuosa come forse non c’era mai stata prima nel corso della storia della musica e Karlheinz Stockhausen la sostenne con una forza, con quella forza e quella capacità di convinzione, e quella… come dire, presunzione che lo ha sempre contraddistinto.
Vorrei potervi dire che tutto quello che lui fece, sotto gli auspici e sotto l’ispirazione di questa posizione, era brutto e sbagliato ma non è vero, ci sono alcuni lavori di quegli anni, 1950 e poco dopo, che hanno veramente un fascino notevole. Vorrei almeno ricordare i primi quattro pezzi per pianoforte, che sono rimasti nel repertorio, per fortuna, e il Gesang Der Junglinge, che invece è un poco scomparso. Anche altri lavori sono interessanti, altri invece sono di una tale presunzione, a mio parere naturalmente, di una tale forza dirompente da perdere la capacità di comunicare veramente.
Naturalmente non tutti i compositori di quegli anni accettarono queste posizioni, vorrei almeno ricordare Luciano Berio e Mauricio Kagel che hanno scritto proprio in quegli anni e poco dopo delle cose completamente diverse, però senza dubbio la figura e l’opera di Karlheinz Stockhausen fu, per un lungo periodo, determinante.
Una ventina di anni dopo è comparsa una nuova generazione di compositori e le caratteristiche di questa generazione sono in gran parte il rifiuto della passata avanguardia, dell’avanguardia Darmstadtatiana di Stockhausen e che, potrei dire, anche di altri. Scrissero dei lavori completamente diversi, per fare alcuni nomi: Benjamin, Rim, alcuni autori Italiani della mia generazione e non solo, vorrei potervi dire che tutti i lavori di questa generazione, che rifiutava la passata avanguardia, sono stati della grandi riuscite, ma anche questo non è vero. Certo però che questo modo di rompere quella che era stata una grande rottura è stato un segno straordinario e ha portato ad alcune cose grandi, appunto ho citato prima Benjamin, per ricordare uno dei compositori più interessanti di questa ondata contraria alla prima ondata dell’avanguardia di Darmstadt.
Con l’avvento del nuovo secolo, le posizioni di rottura e di rifiuto di tutto si sono ampliate e il risultato è stato che ci sono stati molti lavori belli e molti lavori brutti e non è facile cogliere oggi, dall’inizio del nuovo secolo, un segnale unico. Abbiamo assistito a brani neo-tonali, abbiamo assistito a brani che recuperavano posizioni della vecchia avanguardia di Darmstadt, in un certo senso è possibile tutto e il contrario di tutto, si può scrivere in Re minore e imitare i lavori più duri, più aspri della vecchia avanguardia, ma su questo tornerò poi in un ulteriore intervento perché vale un discorso a parte.
Potrebbe sembrare una cosa facile ma invece, che si possa fare tutto il contrario di tutto, è una cosa difficile, come avere una barchetta in mezzo ad un oceano sconfinato e non sapere bene in che direzione si possa procedere. Questa mi sembra la situazione attuale della musica, è una situazione in realtà pericolosa perché, se si può fare tutto, in un certo senso non si può fare neppure nulla eppure, nello stresso tempo, una situazione proficua, perché può permettere qualche levata d’ingegno da parte di qualunque compositore.
La cosa più sorprendente è che si può fare di tutto, da dei tentativi neo-tonali, e spiegherò poi in che senso uso questo termine, a brani che in realtà si ispirano ancora, sia pure in modo contorto e non sempre felice, alla vecchia avanguardia di Darmstadt. Ora, se tutto è possibile in qualche modo, che adesso cercherò di chiarire, nulla è realmente possibile, perché ogni lavoro musicale, ogni lavoro intellettuale nasce dall’accettazione di alcuni divieti di base. Non sto parlando dell’avanguardia di Darmstadt che era un sistema di cui c’erano quasi soltanto divieti, sto dicendo che in ogni epoca storica ci sono stati dei divieti, c’è su questo una pagina bellissima di Stravinskij che però non ricordo con precisione e vi invito a cercare. I divieti sono la partenza di quasi ogni pezzo, pensate che per secoli le quarte sono state considerate delle dissonanze, quindi erano vietate e che per un certo periodo dell’armonia tonale le quinte consecutive sono state un divieto, quindi divieti limitati stimolano l’invenzione in altre direzioni.
Invece ora stiamo vivendo un periodo, in un certo senso, di “liberi tutti”, la cosa forse più sorprendente è il ritorno di alcuni elementi. Se la memoria non m’inganna, Sylvano Bussotti fece molti anni fa, e del tutto al di fuori del campo che sto cercando adesso di chiarire, scrisse un pezzo tonale, però questo non era un ritorno alla tonalità, era soltanto una, per così dire, ‘spiritosaggine’ come altre di Sylvano a cui ci eravamo abituati. D’altra parte, quando parliamo di ritorno della tonalità, non dobbiamo pensare che qualcuno seriamente si sia messo a scrivere qualche cosa che assomigliasse alle ultime pagine di Richard Strauss, quello era un tipo di discorso, di linguaggio tonale spinto a delle estreme conseguenze contenute nel linguaggio tonale, ma non mi pare che nessuno si sia cimentato in questa impresa veramente un poco folle. Battere Richard Strauss sul suo terreno sarebbe un gesto di una presunzione strepitosa.
Quello che vuole dire il ritorno alla tonalità è che in certi brani si sono rintracciate di colpo in modo un poco inaspettato delle consonanze o dei procedimenti di una tonalità semplificata al massimo, qualche volta con risultati sorprendenti, altre volte con risultati assolutamente deludenti.
Chi prosegue la vecchia avanguardia lo ha fatto in modo del tutto soggettivo e ciascuno, in questo mare in cui si può fare di tutto, ha scelto la sua strada sia tornando in un certo senso indietro molto, sia cercando di proseguire e andare avanti il che rende inaspettato qualunque tipo di concerto, qualunque tipo di rassegna di questi ultimissimi anni, e ha anche consentito a ogni compositore di elaborare delle ricerche abbastanza personali. Ci sono dei tic, adesso non li citerò perché potrebbero sembrare delle critiche anche se non lo sono, da cui si riconoscono certe volte gli incipit di ogni compositore o meglio di molti compositori attualmente sulla piazza.
Personalmente a questi temi di ‘liberi tutti’ ho aggiunto da moltissimi anni il tema della memoria. Che cosa intendo con la parola memoria? Memoria è l’esatto contrario del concetto di storia, voglio dire che nella storia dopo Mahler viene Schönberg dopo Schönberg viene altro, dopo Stockhausen arrivano i piccoli discendenti di Stockhausen così nella storia dopo l’ottava di Beethoven c’è la nona di Beethoven. Ecco, nella memoria no. Nella memoria, se all’interno della memoria di un compositore ritorna uno stilema o un frammento di Mahler, non vuol dire che questo significhi altro che da quel frammento si può uscire in una direzione che allora non fu esplorata. La memoria in un certo senso è una bomba di anarchia gettata all’interno della storia.
Vorrei fare un esempio pratico di un brano che sto terminando. Io non ho mai usato la tonalità, però sto terminando un brevissimo pezzo per viola e pianoforte dedicato al mio carissimo amico Maurizio Barbetti, che ha già eseguito altri miei lavori per viola, ed è un caro amico oltre che uno straordinario esecutore. Dicevo, un pezzo che si chiamerà Minore perché in realtà saranno tre pagine di musica, però nasce serializzando, cioè mettendo all’interno di un sistema seriale, una scala di Do minore con alcune varianti. Come vedete, questo non è, e non sarà, un pezzo in Do minore, è semplicemente un brano che dà degli stilemi passati e battuti
Gilberto Bosco, compositore