Il dibattito sulla composizione contemporanea è stato ed è tuttora oggetto di interesse da parte di studiosi e musicisti di vario tipo. Il mio intervento non intende sondare e trarre conclusioni generali sulla musica che oggi si produce in tutti i suoi possibili generi ma vorrebbe offrire alcuni spunti di riflessione sulla cosiddetta “musica colta”. Il tema è estremamente complicato perché come sempre ciò che avviene oggi necessita per completezza, di una prospettiva storica che ovviamente abbiamo solo in parte. La domanda che mi viene posta poi, avrebbe come obiettivo quello di rispondere ad altre tematiche afferenti che a loro volta sono esse stesse complesse: penso al tema della produzione e della divulgazione. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Vorrei costruire questo intervento concentrando l’attenzione sull’analisi di alcune parole chiave che regolano la creazione contemporanea musicale e non solo e in tal senso mi soffermerei sui termini: complessità, inclusività, oggettività/soggettività.

La musica è oggi inevitabilmente complessa, come lo è la società e i saperi che essa produce quasi giornalmente (pensiamo al progresso tecnologico, alla ricerca scientifica pura e applicata, all’evoluzione dei metodi produttivi ecc. ecc) . Chiaramente la complessità è anche frutto dell’evoluzione storica dell’arte dei suoni dagli albori del canto gregoriano ai giorni nostri ed è senz’altro una risorsa ma ha anche aspetti negativi: la complessità infatti, mette in gioco un enorme numero di informazioni che solo un orecchio assai allenato e attento può recepire e anche talvolta solo parzialmente ed in tal senso è un’arte che suscita interesse solamente da parte di chi possiede tali competenze (che sono ai giorni nostri una minoranza sempre più numericamente irrilevante) o di chi comunque rimane incuriosito o anche attratto da questo mondo pur non avendo pienamente le competenze per comprenderne gli aspetti intrinsechi. C’è poi la difficoltà sempre crescente da parte delle nuove generazioni e non solo di approcciare i codici insiti nella musica contemporanea ed una riluttanza a concentrarsi sul messaggio che essa contiene: oggi si ascolta di tutto, si passa da un genere all’altro anche distrattamente dando alla musica un valore di riempitivo dei tempi e degli spazi che le giornate ci offrono. Il fenomeno musicale legato alla creazione contemporanea va in conflitto spesso con i tempi di attenzione che siamo oggi disposti a concedere. Ma non si può solo denunciare questo fatto e lamentarsi, bisogna anche prendere atto di questa realtà. E allora qual è il giusto livello di complessità che sia ammissibile oggi alla luce di quanto detto sopra? Difficile rispondere e poi tale livello non si stabilisce certamente per decreto: la libertà è senz’altro una necessità dell’artista che comunque deve essere consapevole di quello che un’elevata complessità (e anche di un livello basso di complessità) comporta.

La complessità a sua volta implica l’inclusività, dove quest’ultima rappresenta quell’attività che ha come scopo quello di raccogliere e rielaborare materiali, tecniche, suggestioni che fanno parte del nostro bagaglio culturale dal punto di vista storico e anche geografico. Proprio su quest’ultimo aggettivo non possiamo non ricordare che la musica colta nell’ultimo secolo si è diffusa in tutto il globo assorbendo strumenti, sonorità, tradizioni di ogni angolo del mondo e creando anche i presupposti per quella Babele di stili, linguaggi, forme che caratterizzano la produzione oggi. In un intervento dell’amico Giovanni Claudio Traversi si parla di debolezza del pensiero musicale contemporaneo e della necessità di trovare una nuova strada comune che si imponga con forza e determinazione nella scena culturale mondiale. Non trovo che questa ricchezza di musiche che assorbono tutte queste influenze debba per forza essere “debole”, il cassetto degli attrezzi del compositore oggi ha in dotazione molti materiali, spesso assai diversi tra loro su cui lavorare: si può scegliere in base alla propria sensibilità, alla propria visione del mondo e secondo il proprio gusto. Come è possibile oggi incanalare la composizione verso strade che non tengano conto di tutto questo patrimonio? Non possiamo ancora porre la questione odierna della musica colta solo come un mero scontro tra musica tonale e musica post-Darmstadt. C’è molto altro nel dibattito.

C’è poi la questione oggettività-soggettività. La musica deve essere espressione del soggetto o deve aspirare a generarsi da processi o procedure pre-definite? È chiaro che sto ponendo il tema in termini molto semplicistici. La musica spesso contiene elementi di soggettività e di oggettività insieme. Oggi credo che la bussola possa tornare a indicare l’elemento soggettivo come forte protagonista del processo generativo. Io sono dell’idea che ciò che sembrava definitivo nelle estetiche degli anni sessanta in tutte le arti debba essere ulteriormente messo da parte. Pensiamo alla letteratura per esempio e consideriamo ciò che diceva Calvino, Umberto Eco e il gruppo del 63 sulla genesi del romanzo o di un componimento poetico e sul ruolo dell’autore e confrontiamo con quello che è il gusto e le tendenze oggi, le storie anche autobiografiche che sono la parte strutturale di alcuni romanzi non solo di successo ma anche di quelli di cui se ne parla oggi nei dibattiti letterari. Pensiamo all’autrice e al romanzo che hanno vinto l’ultimo Premio Strega come esempio emblematico.

Infine vorrei spendere una parola sul valore del “fare musica”, di lavorare con i musicisti per far prendere vita e forma a ciò che si è scritto sulla carta. Mi capita spesso di colleghi che rivendicano l’importanza, direi sacrosanta e fondamentale, di discutere sulla musica, di definire aprioristicamente i processi generativi del loro modo di comporre, quasi che poi il lavoro di messa in opera sia un aspetto importante ma secondario rispetto al pensiero stesso che lo ha generato. Io rivendico con forza la mia predilezione per quegli aspetti che stanno dietro all’azione del fare musica insieme piuttosto che ragionare solo astrattamente dei principi intorno al processo creativo, dell’aspetto istintivo, dell’impeto irrazionale che sgorga da dentro l’autore e che va poi modellato per darne forma e sostanza alla creazione.

In questa fase (quella di mettere in opera un lavoro) si ha la possibilità di condividere ciò che si è fatto, si può creare quell’empatia tra soggetti coinvolti che può essere anche trasmesso a chi ascolta e in tal senso ci può essere quello scambio profondo, quando tutto non viene realizzato velocemente e distrattamente, che poi è il fatto miracoloso che sta dietro alla creazione musicale.

Daniele Corsi, compositore e membro del Consiglio direttivo della SIMC

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