Se volessimo intendere con divulgazione la comune pratica dell’uso di tutte le azioni necessarie per diffondere conoscenza, al fine di giungere ad un’ampia quantità di saperi per un numero più alto di persone, allora questo è il termine giusto per descrivere l’azione di promozione di ogni nuova forma d’arte, musica compresa.

Divulgazione, diffusione, promozione, sono tra gli impegni più delicati che -da sempre- ogni artista ha dovuto affiancare accanto alla creazione a favore della propria opera, affinché ciò che egli ha creato potesse vedere la luce, essere ascoltato, valutato, finanziato, reso pubblico, fruito.

Oggi, come ieri, anche il compositore prosegue sulla stessa strada. Scorrendo l’ultima pubblicazione in ordine di tempo sull’argomento, il LIBRO BIANCO sulla diffusione della musica contemporanea in Italia a cura di Federazione CEMAT e Rete Italiana Musicisti Organizzati (R.It.M.O.), balza subito in evidenza come il problema della diffusione della Nuova Musica sia stato preso in carico in ogni suo aspetto prevalentemente per iniziativa dei Compositori, riunitisi in varie forme di associazioni, società, cooperative, fondazioni, o impegnandosi nella direzione artistica, sovrintendenza o equivalenti incarichi.

Questo mosaico di attivismo avrebbe rappresentato una rigogliosa risorsa se fosse sfociato in un tentativo di ‘fare sistema’, e avesse individuato nel tempo strategie per coinvolgere tutti gli attori dell’offerta musicale; in realtà, esso nasconde manifesti squilibri, evidenziati nella prefazione da Gisella Belgeri, dovuti da una parte alla frastagliata autonomia dei singoli soggetti, e dall’altra al progressivo disinteresse da parte delle istituzioni preposte.

La maggior parte delle iniziative degli enti pubblici e privati elencati nel poderoso volume, a ben vedere, sono collocabili nel solco della tradizione otto-novecentesca del concerto tradizionale allestito nei luoghi deputati (teatri, chiese, auditorium); sono pochissimi i tentativi di sperimentare maniere nuove ed innovative al servizio di originali soluzioni per una più efficace divulgazione della cultura musicale e delle nuove opere; sebbene di recente, siano stati inglobati nelle modalità promozionali anche i nuovi mezzi di comunicazione, come la radio, l’incisione discografica, il cinema, e in tempi più recenti, anche la televisione ed internet, è pur vero che non si è assistito ad un significativo cambio di passo o di metodi.

Tale sconfinamento ha reso possibile il ricorso alle ‘strategie’ proprie della comunicazione di mercato, ossia a quelle della domanda e dell’offerta, contribuendo in modo sensibile ad accelerare quel processo di trasformazione dell’arte in merce, e della merce in materiale da consumo ‘usa e getta’, ed infine del materiale di consumo in semplice espediente d’intrattenimento, coinvolgendo di fatto tutto il settore della produzione artistica contemporanea, come ha ben evidenziato Mario Vargas Llosa nel suo volume LA CIVILTA’ DELLO SPETTACOLO.

Il settore più effervescente è apparso quello delle arti plastiche. A differenza dei compositori, «sono gli artisti [figurativi] ad aver inaugurato forme di allestimento d’avanguardia, elaborato inediti display system e imposto nel tempo trasformazioni degli spazi deputati in funzione di nuove esigenze sperimentali. E inoltre, intervenendo ed esponendo in luoghi alternativi hanno contribuito a legittimare l’utilizzazione di questi ultimi come contenitori o siti di cultura artistica», scrivono Francesco Poli e Francesco Bernardelli in METTERE IN SCENA L’ARTE CONTEMPORANEA dallo spazio dell’opera allo spazio intorno all’opera; in ARTECRAZIA Macchine espositive e governo dei pubblici, Marco Scotini rivela la capacità delle arti plastiche contemporanee di misurarsi con il terreno della politica (grande assente nella programmazione della diffusione musicale contemporanea in Italia), pur evidenziando come lo statuto dell’arte non risulti più lo stesso, così come le sue funzioni e i suoi ruoli.

Sin dagli anni ‘50-‘60 l’arte astratta ha ottenuto un trionfo, nella stessa epoca in cui in musica imperava il serialismo integrale. Perché allora la musica ha faticato ad ottenere la stessa considerazione dell’arte visiva? Pierre Boulez fa notare che la pittura contemporanea ha sempre [avuto] il successo assicurato; il pubblico corre alle mostre di Mark Rothko e di Andy Warhol come pure a quelle di Jean-Michele Basquiat. Negli Stati Uniti la corrente derivante da Jackson Pollock e dall’espressionismo astratto ha conquistato un pubblico… perché non la musica?

Sebbene la musica tragga dalla pittura e dalla topologia le stesse metafore evidenziate da Jacques Lacan, cioè deformazioni di superfici, anamorfosi, sfere, tessiture, essa subisce ripetutamente la condanna del nostro tempo, che rimprovera alla musica dell’oggi l’assenza degli edulcoranti armonici, ritmici, eufonici.

Benoît Duteurtre, nel suo Requiem pour une avant-garde, del 1995, rinfaccia esattamente questo alla musica colta d’oggi: i compositori contemporanei sono una élite rumorosa, arrogante e pretenziosa che è sopravvissuta solo grazie allo snobismo di una certa parte politica, all’ombra delle protezioni di pochi Intoccabili, e alle sovvenzioni statali.

In questa clima di diffidenza e sospetto, quali pratiche divulgative a favore della musica contemporanea saranno più efficaci? Chi dovrebbe assumersi l’onere di tali iniziative? Il singolo, la collettività, le associazioni di categoria, le agenzie specializzate? Ed il singolo musicista, quali strategie dovrebbe poter esperire per una più efficace divulgazione della propria creatività?

Non bisogna sottovalutare che sia la divulgazione di lavori del singolo autore che quello di gruppi di artisti appartenenti a periodi storici più estesi è da ascriversi in seno ad un più vasto caso, che è quello della diffusione della cultura tout-court, poichè è impossibile non tener conto dei risultati stranianti di operazioni imposte in contesti sociali locali o globali non ricettivi, con i quali sovente la proposta culturale stessa entra in frizione.

Detto diversamente, la divulgazione della musica è una piccola parte della diffusione culturale, che dovrebbe essere affrontata globalmente come problema che travalica gli steccati di settori artistici, estetici, di costume, e coinvolgere realtà differenti per natura sociale e civile, religiosa e politica.

S’intende dire che il mosaico dei comportamenti civici, sociali, scolastici, religiosi e quant’altro s’intrecciano, e sommandosi, diventano costumi culturali, per cui, -ad esempio- se non vi è adeguata ricezione dell’opera durante un concerto, difficilmente il lavoro di un compositore potrà coinvolgere il pubblico; allo stesso modo l’organizzatore che non sa collocare in modo idoneo una certa produzione potrebbe accentuare il poco o nullo gradimento negli ascoltatori, ed infine l’interprete, che privilegiando un certo tipo di repertorio piuttosto che un altro, si trasforma di fatto in ‘filtro estetico’ nei confronti dell’uditorio, contribuendo alla perdita d’efficacia di ogni iniziativa.

Comportamenti sociali, culturali, religiosi in continuo cambiamento destabilizzano ogni sforzo divulgativo di qualsiasi genere, in quanto non trovano nella fluidità dell’interlocutore la giusta attenzione, le condizioni idonee, le strutture adeguate.

Un’analisi verticale, attraverso le categorie dell’oggi, per capire come si sono modificata negli ultimi trent’anni gli stili di vita, i consumi, la politica, il lavoro e il tempo libero sono oggetto di una lucidissima pubblicazione di Antonio Noto, dal titolo Chi ha cambiato l’Italia? Politica o economia: chi c’è dietro le grandi trasformazione della società negli ultimi 30 anni. Noto sostiene che la maggior parte dei cambiamenti sono stati determinati più dall’economia che dalla politica nazionale, che non sempre ha saputo rilevare la nascita di nuovi bisogni e stili di vita, le esigenze di un nuovo modello di famiglia, ed insieme ad esso un nuovo modo di intendere il lavoro e la domanda di diritti civili.

Programmare attività divulgative in una società fluida, pone ostacoli di vario genere: per esempio, di modalità di comunicazione, con l’esplosione di neologismi fatti artatamente per catturare l’attenzione di una fetta di pubblico, ma creando inevitabilmente il rigetto della parte restante di esso che non riconosce tali linguaggi. Altra difficoltà è legata all’individuazione di luoghi fisici o contesti sociali per programmare adeguatamente iniziative a favore della più generica divulgazione culturale, una volta soppiantato con il terzo settore l’intero universo di associazioni che si dedicavano a tali attività.

Un’ulteriore difficoltà che s’incontra nella divulgazione culturale, e specificatamente musicale, è l’articolata procedura fiscale legata all’allestimento di eventi che prevedono l’impiego di musica contemporanea. Ogni forma di diffusione, di divulgazione culturale deve tener conto degli oneri burocratici legati agli allestimenti, ai problemi derivanti dai diritti d’autore (anche quando è lo stesso artista a voler rinunciare ad essi), alle tasse erariali di occupazione di suoli pubblici, di maggiorazioni d’imposta per noleggi di strutture e via dicendo, come si evince dalla consultazione del volume ORGANIZZARE MUSICA legislazione, produzione, distribuzione, gestione del sistema italiano, a cura di Cecilia Balestra e Alfonso Malaguti.

Infine, lo slittamento della maggior parte delle attività e delle proposte che un tempo erano esclusivamente programmate ‘dal vivo’, oggi si sono spostate in rete, acquisendo un corroboramento inaspettato dovuto alla facilità di reiterare esperienze d’ascolto, di learning, di meeting, di performing e via dicendo.

Questo complesso panorama descritto, parrebbe destinato ad una conclusione pessimistica, disfattista, fallimentare.

Capovolgendo il punto di osservazione, proviamo a tracciare delle mappe alternative d’interventi di divulgazione:

  1. Potenziare le strategie di divulgazione attraverso incontri con Autori, Interpreti, Direttori artistici, e favorirne il dibattito con Artisti di altre discipline (poesia, pittura, scultura, cinema), al fine di evidenziare tratti comuni a tecniche apparentemente lontane. Proporre anche momenti di ascolti guidati, sia di nuove musiche che di musiche di tradizione, cercando sempre più ciò che unisce e non ciò che divide. Allestire anche ‘mostre’ di partiture di nuove musiche, di nuovi strumenti (in particolare quelli elettronici), dedicando momenti di ‘immersione totale’ nella creatività artistica, dando la possibilità al pubblico di sperimentare in proprio soluzioni creative;
  2. Sfruttare al massimo le risorse del web per interviste, backstage, per i momenti ‘dietro-le-quinte’, o addirittura di documentazione delle fasi di preparazione e di studio di un artista o di una produzione, coinvolgendo il più possibile il pubblico chiedendo contributi sotto forma di osservazioni, commenti, collegamenti con altre arti.
  3. Sollecitare la produzione di nuove creazioni per occasioni sociali, civili, religiose importanti, accompagnandole con adeguato materiale analitico, musicologico, critico ed anche semplicemente del reportage giornalistico, attraverso blog, riviste on-line, siti dedicati, spaziando il più possibile in campi del sapere di qualsiasi genere, letterario, scientifico, filosofico, in modo da testimoniare come il pensiero contemporaneo è unico, e si manifesta in diverse sfaccettature in base agli ambiti di intervento.
  4. Individuare e valorizzare luoghi storici e contenitori culturali alternativi a quelli deputati, non in sostituzione di questi ultimi, ma per stimolare la creazione di nuove produzioni in site-specific, in collaborazione con altre arti per spettacolarizzare, rendere uniche e arricchire la fruizione di eventi da parte del pubblico.
  5. Infine, approntare speciali strategie di penetrazione in ogni segmento possibile, da quello scolastico a quello religioso, da quello civile a quello sociale, con proposte variegate ma periodiche (ascolti guidati, laboratori, produzione di novità, con una particolare attenzione all’esteso settore dei gruppi amatoriali dei cori, orchestre, ensemble), insistendo più sull’incitamento al fare che al perfezionare, alle novità piuttosto che all’imitazione approssimativa del déjà vu.

La sfida è grandissima, ma non impossibile. Proviamo allora a mettere insieme le idee e le forze di tutti gli operatori del settore, non disdegnando generose aperture verso le nuove leve, anzi ampliando, correggendo, e ottimizzando le nostre idee con quelle della ‘millennium generation’. Dando loro fiducia, forse riusciamo a recuperare la nostra identità, ormai pallidamente diafana, quasi irriconoscibile.

Biagio Putignano, compositore e docente di composizione

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