La musica contemporanea tra Istitutuzioni e pubblico.

Quale spazio occupa effettivamente la musica del nostro tempo nella nostra esperienza sensibile? L’arte vive un processo di trasformazione giorno per giorno e questo processo può disorientare l’ascoltatore che, per pigrizia, può essere tentato di rifugiarsi nella musica del passato che, essendo pia assimilata, e più facile da seguire.

Cosa si può fare per aiutarlo a districarsi nel labirinto delle tendenze, delle scuole e delle idee? E’ proprio vero che solo chi possiede una salda preparazione musicale e culturale può accostarsi alla musica del nostro tempo ? Qual è il compito delle Istituzioni e degli Enti Musicali?

Nel vastissimo panorama di attività e di organizzazioni musicali, osservia­mo una diffusione costante del patrimonio tradizionale ed una del tutto episodica, frammentaria, di quello contemporaneo. Ponendoci in una prospettiva d’indagine viene naturale chiedersi quale spazio occupi effettivamente la musica del nostro tempo nella nostra esperienza sensibile. Questa domanda ci porta all’interno di problemi            non facili da sintetizzare brevemente.
Un aspetto particolare della situazione generale va però ricercato nella diversità di ascolto che i nuovi linguaggi richiedono.

Se ripercorriamo il cammino artistico constatiamo quante continue difficoltà e quanti contrasti abbiano incontrato i vari passaggi linguistici nel tempo. Nella fase attuale l’arte musicale si trova a vivere in momenti la cui principale caratteristica e quella di una trasformazione senza soste. La complessità dei coinvolgimenti che si rispecchiano nel mondo musicale hanno sviluppato un’abbondante e frastornante circolazione di idee e la dimensione tempo-uomo non ha più lo spazio, le possibilità di riflessione e di assimilazione indispensabili per un ascolto responsabile e vivo.

Questo sovrapporsi di messaggi multiformi ha disorientato l’ascoltatore che ha finito per rifugiarsi nei contenuti della musica del passato.

Si è gradualmente radicata la convinzione che la musica attuale richieda uno sforzo ed un impegno possibili solo a chi possiede una salda prepara­zione ed un orecchio esperto. Così frainteso, il grande impulso creativo dei nostri giorni è tenuto quast del tutto fuori delle organizzazioni di maggiore risonanza e prosegue il suo cammino di ricerca sul suono in ter­ritori destinati ai soli appassionati, ai soli “addetti ai lavori”.

E’ molto importante assegnare alla musica un ruolo specifico ed autonomo all’interno della voce “Cultura”. E’ indispensabile promuovere un reale coordinamento tra i diversi settori d’attività musicale: la RAI, le Asso­ciazioni concertistiche, l’Università, i Centri di ricerca, le Orchestre, gli Enti Lirici ecc. Un moderno disegno di legge dovrebbe prevedere l’obbligo di un coordinamento tra la ricerca musicale e tutte quelle istanze atte a farla vivere nella società, coinvolgendo le forze vive della Scuola e ricorrendo ad attività promozionali finalizzate, in special modo alla ricerca musicale contemporanea.

Questo problema è sempre stato affrontato marginalmente senza individuare mai criteri specifici da utilizzare per sostenere un sistema di circolazione tale da stabilire un rapporto costante tra pubblico ed operatori.

Non esistono “commissioni” per nuove opere, concorsi finanziati con crite­rio, istituti adeguatamente sostenuti per la ricerca, per la catalogazione del materiale musicale. All’estero i compositori lavorano esclusivamente su “commissioni” ben pagate che danno loco modo di vivere; in Italia, invece, le commissioni non esistono e, solo in caso di onere trasmesse alla RAI, si incassano i diritti d’autore che, come tutti sappiamo, sono stati ampiamente decurtati. Bisogna veramente oggi ridisegnare l’identità culturale del compositore prendendo in considerazione le strutture, l’organizzazione ed il finanziamento pubblico che rappresentano gli opportuni strumenti necessari a rendere evidenti, nella società odierna, la consapevolezza della pluralità delle culture, dei linguaggi e di tutto ciò che appartiene alla ricerca. IL settore della nuova musica sta vivendo un momento molto diffi­cile dovuto, da un lato all’alta professionalità e qualita artistica degli esecutori che richiede, dall’altro alla sua natura non commerciale che ren­de molto difficile il reperimento di sponsors privati.

Non ha senso la produzione di musica nuova se poi le partiture rimangono ineseguite nel cassetto. Si deve essere in grado di poter riconoscere il lavoro del compositore come quello di un professionista: di qui la necessità dell’istituzione di un Albo Professionale come quello degli ingegneri, degli avvocati ecc.

Si deve poi cercare d’individuare e sollecitare un sostegno pubblico alla musica contemporanea. Bisogna combattere una sorta di pigrizia culturale ed ottenere che i compositori italiani vengano inclusi con sistematicità nella normale programmazione delle varie Istituzioni.

Le iniziative specifiche (Festivals, Rassegne ecc.), se da un lato rappresentano le uniche occasioni per ottenere un’esecuzione, dall’altro tendono a “ghettizzare” la musica d’oggi ed a rendere inevitabile che il pubblico con la P maiuscola la consideri un prodotto per specialisti avulso dalla realtà culturale quotidiana.

Non si deve condurre una battaglia in nome della musica contemporanea ma, l’unica battaglia veramente da condurre, è quella contro la stupidità e la pigrizia culturale.

Va recuperato il significato primo della ricerca artistica che nasce dalla necessità che trascende ogni significato razionale: essa parte da un’idea “infinita” che si “limita” nella forma e che affronta sempre contenuti che sono enigmi perché sono sempre oltre la coscienza del suo tempo.

Essa è in tutto ciò che c’era e che non è stato ancora detto ed e linguag­gio di profonde verità che si realizzano in un continuo divenire.

Ogni percorso è di per se straordinario perchè rappresenta i momenti della spiritualità e dell’intuito umani.

C’è, però, oggi nell’ascoltatore, soprattutto delle nuove generazioni, il de­siderio di uscire dalla condizione stagnante in cue ci troviamo e di riallacciare quel filo misterioso che unisce tra loro le varie forme dell’arte. L’ascoltatore vuole soprattutto recuperare la propria identità nella capa­cità di immergersi nella musica affrontando nuovi territori, nuovi spazi. Ciò significa allontanarsi dall’ascolto “abitudinario e convenzionale” per aprirsi ad un intenso e silenzioso lavoro di trasformazione the sicuramente metterà infinite volte sotto processo sia le soggettive capacità speculati­ve, sia i significati dei nuovi orizzonti: ma è pur vero che questo è assi­milare il suono in tutta la sua ricchezza originaria.

Questa richiesta va considerata profondamente e va concretizzata attraverso un processo consapevole di ricerche che permettano inserimenti guidati in scelte ordinate ed in programmi educativi che minino a sviluppare, nelle personalità più giovani, non un lavoro del “sapere” bensì una capacità di riflessione e di elastica percezione che permetta, nel tempo, l’appropria­zione dei nuovo linguaggi come ricchezza interiore e che consenta poi di riconoscere i valori autentici da quelli fittizi.

Ada Gentile, compositrice

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