Funzione sociale dell’artista

Parto da una lettura del brano di Enrico Castelnuovo, Ilaria Bignamini – Enciclopedia delle scienze sociali (1991)

“I rapporti tra arte e società mutano nel tempo e nello spazio; in particolare varia il significato del primo termine, quello di arte, che oggi si struttura in un sistema che comprende e accosta attività precedentemente considerate assai lontane (v. Kristeller, 1951-1952). Nel passato – dalla Grecia alla Cina – all’arte, intesa quale figurazione, fu attribuita la capacità di creare la vita e furono affidati grandiosi compiti magici, religiosi, politici, didattici e morali. Oggi l’arte viene ritenuta una delle attività più universali e distintive della specie umana, un fenomeno che ha accompagnato la sua intera storia. Essa è stata considerata un sistema di comunicazione simbolica, un essenziale elemento organizzativo dei sistemi culturali (v. Gerbrands, 1956), e nelle sue opere si è pensato di poter leggere le tendenze profonde di una società (v. Panofsky, 1939). Si è messo in rilievo come attività sociali e valori culturali possano trovare espressione figurativa, come le tradizioni artistiche possano apportare significativi elementi di lettura dei rapporti di produzione e della divisione del lavoro (v. Washburn, 1983), come l’arte sia uno strumento di controllo sociale ma possa essere anche coscienza critica; si è sottolineato il fatto che le sue opere sono beni di lusso che conferiscono, per eccellenza, la distinzione sociale.”

Vorrei riflettere, quindi, su due punti fondamentali qui emersi. Dalla Grecia alla Cina, nell’antichità, l’arte ha una funzione, tra le altre, didattica e morale. Nel mondo di oggi diventa un metro per la distinzione sociale.

Questa differenza genera nel mondo moderno una serie di presupposti che, a mio avviso, portano all’allontanarsi dell’uomo comune, nella migliore accezione del termine, dal mondo culturale.

Ha dunque perso l’artista la sua funzione didattica e, essa stessa, si è poi allontana da una funzione che oggi potremmo dire inclusiva?

In questa società liquida, dunque, alcune pratiche artistiche restano immobili, arroccate nei propri castelli e fanno della mancata diffusione capillare o della mancata funzione didattico-artistica il loro punto di forza e la loro stessa raison d’etre.

In queste poche righe vorrei, dunque, anticipare gli argomenti che saranno poi oggetto della nostra discussione futura.

Questo nostro nuovo filone di dibattito prende l’avvio dal centenario della SIMC – Società Italiana Musica Contemporanea, in cui ben si è dibattuto sulla funzione dell’artista in generale nel mondo di oggi e si chiede, se Clio l’ispiratrice, Euterpe la rallegrante, Talia la festosa, Melpomene la cantante, Tersicore che gode della danza, Erato stimolatrice di nostalgie, Urania la celeste, Polinnia la ricca di Inni e Calliope dalla bella voce sarebbero d’accordo con noi e concederebbero i loro favori a pochi eletti e invece lascerebbero noi altri mortali nella nostra estì den gnōthizo.

Lascio a voi questa prima riflessione.

Giuseppe D’Amico, Direttore artistico Fondazione Accademia Ducale

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